lunedì 20 agosto 2007

Il computer come strumento di mediazione nella didattica

Il computer nella didattica è un eccellente strumento di mediazione infatti, può ricoprire la funzione di mediatore: attivo, analogico, simbolico. Nel primo caso il soggetto ne sperimenta il semplice uso. Nel secondo può essere utilizzato per una simulazione strumentale dove nelle attività professionali vengono inseriti fattori forniti in sequenza casuale con l’obiettivo di insegnare a trovare risposte tempestive ed adeguate rispetto a situazioni impreviste o a variazioni casuali di situazioni tipiche. Nel terzo caso si utilizza semplicemente per la videoscrittura e contribuisce a superare le difficoltà espressive del soggetto. Per esempio, la disabilità motoria spesso può compromettere in modo grave la facoltà di uso della mano e il computer, con un adeguato sistema di ausili, permette a questi disabili di accedere alla scrittura ed usarla per comunicare. In questo modo i soggetti diversamente abili possono produrre testi scritti, disegni, accedere ai sistemi di comunicazione moderna e alla rete come qualunque altro individuo e questo contribuisce ulteriormente alla loro integrazione nella società. Tuttavia per raggiungere questi scopi è auspicabile che l’intervento sia fatto sin dall’infanzia ed è necessario dotare l’alunno di una adeguata postazione di lavoro (che deve tenere conto dei suoi problemi di postura e motricità fine) e attribuirgli i tempi necessari per poterla utilizzare adeguatamente a seconda delle esigenze. Gli strumenti che si possono adottare sono molteplici: tastiere e mouse speciali, adattamenti a livello di hardware (per es. Accesso facilitato del sistema operativo Windows), programmi che permettono l’accesso al P.C. con l’uso di comandi vocali. La scelta dell’ausilio non deve essere improvvisata, ma occorre valutare, sulla base di un’attenta analisi delle caratteristiche dei movimenti della persona e della sua postura, con l’aiuto di specialisti, su quale movimento residuo è necessario agire e di conseguenza quale è lo strumento migliore da adottare.
Anche per gli alunni non vedenti, una volta acquisita una competenza di base, possono usare il computer come mediatore (ad eccezione dei programmi connessi con il disegno e la grafica, ed ancora di difficile svolgimento sono quelli legati alla matematica). Comunque in commercio esistono appositi ausili che permettono di ricevere in modalità sonora o tattile le informazioni che normalmente vengono comunicate con modalità visive. Gli strumenti utilizzati sono molteplici ad esempio: la stampante Braille, programmi per la gestione della matematica (LAMBDA e MathBraille).Tuttavia la maggior parte delle persone con disabilità visiva sono ipovedenti (hanno una limitazione nella visione ma mantengono un residuo visivo) e i loro casi sono molto differenti per cui è necessario personalizzare la postazione di lavoro alle esigenze di ciascuno sulla base dei parametri fondamentali della loro visione. L’ambiente deve essere ergonomicamente adeguato ponendo particolare attenzione alle luci e alle caratteristiche dei materiali. Di particolare aiuto per questi disabili sono i “programmi ingrandenti” che permettono di visualizzare in modo ingrandito tutto ciò che appare sulla schermata.
Per quanto riguarda gli alunni sordi che non possono utilizzare lo strumento naturale di produzione del linguaggio verbale (il feedback verbo-acustico), le cui produzioni linguistiche vengono controllate da un organo acustico esterno (l’orecchio del logopedista o dell’insegnante), possono avvalersi di diversi programmi: a) quelli che mirano a sviluppare l’apprendimento della lingua orale associati alla riabilitazione e alla lettura labbiale;b) quelli che offrono una conoscenza linguistica non verbale fondata sulla Lingua Italiana dei Segni (LIS). Quindi si possono utilizzare software per la produzione di ipertesti, per il riconoscimento vocale, per l’apprendimento linguistico e della lingua dei segni, per sviluppare la capacità di astrazione che nei soggetti sordi è deficitaria per le difficoltà di acquisizione del linguaggio orale e poi di quello scritto.
Gli ausili informatici sono un valido aiuto per tutti quei soggetti che soffrono di Disturbi Specifici di Apprendimento (dislessia, disortografia, discalculia). In particolare possono migliorare la qualità della vita dell’alunno dislessico che spesso viene considerato, se il disturbo non viene diagnosticato, un alunno svogliato e negligente. Invece lo studente può leggere e scrivere, ma per fare questo ha un grande dispendio di energie, perché non ha automatizzato i processi di decodifica del linguaggio scritto in linguaggio verbale e così si stanca facilmente, commette errori e non impara. Sul mercato sono disponibili molti software che possono rappresentare un valido ausilio per questi disturbi e sono utilizzabili sia in modalità riabilitativa che compensativa (aiuto nello svolgimento del compito per esempio per correggere errori ortografici o fare calcoli). Ne sono esempi: software per facilitare la lettura, la scrittura, la matematica e la geometria, testi in formato digitale, audiolibri.

venerdì 17 agosto 2007

importanza del gioco in educazione speciale

Per parlare dell’importanza del gioco si può partire da una frase di Hiruga il quale sostiene che “la cultura è fondata sulla nobiltà del gioco e per arrivare alla sua più alta qualità di stile e dignità non può fare a meno del suo fattore ludico” Questa frase ci offre lo spunto per comprendere che il gioco ha una importanza fondamentale per lo sviluppo della persona umana. In primo luogo gioco come ri-simbolizzazione del corpo, capacità cioè di calarsi in un nuovo ruolo che cambia gli stati emotivi. Chi non gioca durante l’infanzia ha maggiori possibilità di soffrire da adulto di disturbi della personalità perché rimane a giocare nel proprio mondo fantasmatico. E’ fondamentale, pertanto, venire incontro alla ri-creazione del corpo di tutti i bambini attraverso le tre finalità attive dell’esplorare, creare, comunicare. Il gioco è però olistico, investe non solo la ricreazione del corpo ma anche la catarsi psichica e spirituale. Tutte queste fasi del gioco, fondamentali nell’educazione dei normodotati, lo sono ancora di più nell’educazione dei soggetti disabili nei quali, attraverso di esso, può essere sviluppata la capacità di creare e quindi formare un patrimonio e nel caso di soggetti affetti da disabilità relative al movimento fisico, anche la strada maestra per il loro recupero fisico.

martedì 14 agosto 2007


Parlando del Metodo Feuerstein

(la mediazione educativa per insegnare a imparare)

Il metodo Feuerstein, conosciuto e studiato in tutto il mondo, è stato sviluppato dal Prof. Reuven Feuerstein e dalla sua equipe all’Istituto Feuerstein per lo Sviluppo del Potenziale d’Apprendimento (ICELP: International Center for the Enhancement of Learning Potential) aperto nel 1993 a Gerusalemme.
Dopo circa quarant’anni di ricerche ed esperienze, il prof. Feuerstein ha elaborato una teoria che si basa sul postulato della MODIFICABILITA’COGNITIVA STRUTTURALE e sul concetto di ESPERIENZA DI APPRENDIMENTO MEDIATO.
La sua teoria sostiene che l’intelligenza è un fenomeno dinamico, modificabile ad ogni età e ad ogni livello di funzionamento cognitivo, quindi può essere sviluppata, modificata strutturalmente e insegnata.
Tutti possono imparare di più e meglio perché l’individuo è modificabile ed è possibile suscitare in lui il bisogno di modificarsi. Ma come? In quale modo? Affinchè il cambiamento si produca è necessaria la presenza di un mediatore umano; qualcuno che si interponga con intenzionalità e con un comportamento attivo tra il soggetto e l’ambiente. Un mediatore che, con un atteggiamento consapevole e modificante, colleghi lo stimolo al soggetto per interpretarlo, renderlo comprensibile, suscitare delle emozioni.
Un aspetto innovativo nella teoria è che Feuerstein riconosce l’interdipendenza che esiste tra emozioni e attività cognitive; infatti egli sostiene che la mediazione, per essere efficace, deve suscitare emozioni e quindi essere carica di significati affettivi.
Nel corso degli anni, Feuerstein e la sua equipe hanno individuato dei “ principi o criteri” che focalizzano il ruolo del mediatore descrivendo quali sono le interazioni che si devono mettere in pratica per attuare un’esperienza di apprendimento mediatizzato.

L’esperienza di apprendimento mediatizzato sviluppa in chi la sperimenta la capacità di apprendere
, di percepire e di gestire il proprio pensiero operativo. I primi mediatori naturali sono i genitori. La mediazione avviene sin dalla nascita e il primo mediatore che il bambino incontra è il corpo caldo e morbido della mamma. La mediazione viene attuata non solo verbalmente, ma con ogni forma di comunicazione, è una qualità di rapporto, non ha importanza il suo contenuto ma l’intensità con cui è trasmessa: è un modo di condividere un’esperienza.
Questa teoria del cambiamento e dell’apprendimento attraverso la mediazione è stata concretizzata nell’elaborazione di due strumenti pedagogici:
a) il metodo di valutazione dinamica del potenziale d’apprendimento (scelta alternativa alla rigidità dei test del Q.I. in quanto non si propone di misurare nozioni acquisite ed abilità apprese, bensì di scoprire che cosa il soggetto è in grado di apprendere);
b) il programma di arricchimento strumentale P.A.S. (serie di strumenti che comprendono più di 500 esercizi carta e matita, consente l’evoluzione e lo sviluppo delle funzioni cognitive ed esige l’attenzione ai processi).
Per concludere possiamo rivedere in modo schematico i tre elementi essenziali su cui è basato il metodo:
LA DIAGNOSI DEL POTENZIALE DI APPRENDIMENTO
IL PROGRAMMA DI ARRICCHIMENTO STRUMENTALE
Sono strumenti tecnici specifici che richiedono un percorso di formazione.
L’ESPERIENZA DI APPRENDIMENTO MEDIATIZZATO non richiede conoscenze specifiche ma solo volontà di utilizzarla e tutti possiamo diventare mediatori intenzionali. Infatti come sottolinea il prof. Feuerstein:

La mediazione non è la semplice applicazione di attività o strategie educative: è un’arte che si adatta ai bisogni di bambini e genitori facendoli crescere insieme”.

paolar


lunedì 13 agosto 2007

Esempio di uso di mediatori

Per sviluppare l’autonomia operativa del soggetto e superare il panico da pagina bianca si potrebbe ricorrere a dei mediatori iconici che fanno ricorso all’uso del linguaggio grafico e spaziale, per esempio, si potrebbe prevedere un lavoro di gruppo in cui l’alunno diversamente abile, aiutato dai compagni, costruisce una mappa mentale della traccia che dovrà sviluppare rappresentando i nodi principali con delle immagini (fotografie, illustrazioni, propri disegni). Quest’ultime in virtù della teoria della doppia codifica (per immagini e verbale) lo aiuteranno ad organizzare meglio le informazioni nella propria mente e a ricavare nuove conoscenze sulla base di quelle possedute. Questo dovrebbe rafforzare la sua fiducia e aiutarlo, successivamente, con l’ausilio di altri mediatori (il computer con correttore ortografico automatico) a scrivere qualcosa.
Ritengo particolarmente interessate per la nostra professione di insegnanti di sostegno l’utilizzo dello script nella didattica per gli allievi in difficoltà. L’utilizzo di script (successione, stereotipata e predeterminata, di azioni che definiscono una situazione ben nota) realizzati intorno all’ascolto di storie costituisce un mediatore per un percorso verso l’astrazione e consente al docente di comprendere ciò che si crea nella mente dello studente che sta leggendo e della sua capacità di cogliere stati d’animo ed emozioni dei personaggi.

sabato 11 agosto 2007


Matisse "La danza"
Il girotondo deriva da una danza pagana
eseguita intorno all'altare sacrificale

Imparare giocando perchè......

Il gioco è da ritenersi una funzione fondamentale nella vita individuale di ogni specie, ecco perché in educazione, ma principalmente in educazione speciale è un mediatore di fondamentale importanza. I soggetti con handicap, non giocano mai o poco, l’assenza dell’attività ludica, come quella del movimento, che questa comporta, crea handicap indotti sia nei normodotati sia nei disabili. La società in cui viviamo, che Larocca cita come “nuovo medioevo”, è disattenta ai bisogni dei bambini, paradossalmente con il consumistico aumento di giocattoli è diminuita la capacità di giocare.
Huizinga sostiene che “la cultura è fondata sulla nobiltà del gioco ”, e in più
“la cultura vera non può esistere senza una certa qualità ludica, perché cultura suppone autolimitazione e dominio, una certa facoltà a non vedere nelle proprie tendenze la mira ultima e più alta, ma a vederla racchiusa entro limiti che liberamente essa stessa si è posta”
Il primo atto creativo del gioco è quello del ri - simbolizzare il corpo, ossia entrare in un ruolo che permette di vedere noi stessi e la realtà in modo diverso. Usare il gioco come mediatore consente di sbagliare senza nessuna conseguenza, è possibile osare. Durante il gioco non si ha la percezione della fatica fisica perché a dirigere le nostre azioni è il cervello emotivo. Il rischi per chi non ha vissuto queste esperienze sono molti; dai disturbi della personalità alle fobie. La scuola è deputata a guarire, i suoi ragazzi dall’incapacità di giocare che sfocia nei comportamenti antisociali, alcuni dei fenomeni attuali come: il vandalismo, le risse, fino ad arrivare al lancio dei sassi dai ponti, non sono che tristi giochi che vanno a sostituire quelli che non si sono fatti da bambini.
Il gioco è anche ricreare l’anima, attraverso la ricreazione del corpo avviene una catarsi psicologica e spirituale, è possibile quindi estraniarsi dal proprio sé per ricostruire una nuova identità, senza esitazioni, senza i vincoli della razionalità.
Attraverso il gioco, il bambino coglie gli strumenti reali con cui potrà giocare ed esprimere il proprio sé: movimento, suoni, linguaggi ecc…
Esistono poi delle professioni che consentono di alimentare lo spirito ludico, è questo il caso degli attori sia teatrali sia cinematografici, l’attività consente di interpretare diversi ruoli più o meno simili alla propria personalità, rimando coerenti con la propria identità reale. Essi coinvolgono lo spettatore nel gioco trasmettendogli emozioni. Il bambino quando gioca, sa che sta fingendo, richiama l’attenzione dell’adulto, lo rende spettatore. L’applauso è il momento in cui si torna alla realtà, si identifica spettatore e attore. Il gioco è anche identificazione e distinzione tra realtà e finzione, soggettivazione e desoggettivazione; è equilibrio tra le due parti.
La scuola per la mentalità e la società tutta devono riconoscere l’importanza di creare le giuste condizioni in cui il bambino può sperimentare e ricercare. Per un bambino comprendere una cosa significa costruirla egli stesso e deve reinventarla.
L’atteggiamento ludico può essere considerato la via migliore per il recupero e la preparazione al lavoro, senza che questo sia percepito come noiosa imposizione.
Esistono due tipi di giochi: i giochi finiti (che terminano con la vittoria sull’avversario), ed i giochi infiniti ( che si fanno per il solo piacere di farli).
Nel gioco infinito si scoprono le regole prescrittive e si è spinti, per poter ancora giocare, verso la creatività e l’innovazione. E’ grazie al fatto di aver interiorizzato l’atteggiamento ludico che da adulti si è capaci di affrontare i problemi che la nostra esistenza ci propone. I giochi finiti ci insegnano giocare nel gioco infinito della vita e dell’amore, essi avvengono in un tempo ristretto e magico in cui si ha la sensazione di dominare la natura, la sensazione del potere. Il bambino a cui tutto questo è negato non sarà mai totalmente autonomo. Tra il quarto ed il settimo anno di vita il bambino crede che tutto muova intorno ai propri desideri, appena raggiungerà la pre- adolescenza riuscirà a scindere la soggettività dall’oggettività. Il soggetto con handicap matura tre visioni del mondo fisico: animismo , finalismo, artificialismo. L’animismo, considera animati e dotati di intenzioni oggetti che non lo sono, il finalismo si concentra sulla sullo scopo dell’oggetto senza interessarsi all’azione che compie, l’artificialismo considera le cose come prodotto dell’attività umana. L’educazione si pone come obiettivo il superamento di questo stadio fino ad arrivare a trasferire le capacità creative sul piano del simbolismo quantomeno iconico.

giovedì 9 agosto 2007

La Mediazione Scolastica


La scuola come istituzione è un sistema e come tale è in relazione con altri sistemi sociali, quali la famiglia e le organizzazioni sul territorio, ma soprattutto è in relazione con quel sistema particolare che è l'individuo, considerato nella sua interazione con altri individui, coetanei e adulti. La scuola appare quindi un "sistema polinucleare e intrecciato" in cui si costruiscono rappresentazioni comuni e si sperimentano nuovi spazi di legame e di pensiero. In un sistema così inteso diventano quindi essenziali i costrutti di "pace" e di "conflitto". Il primo porta a risposte di sostegno, gratificazioni sociali e accondiscendenza, il secondo a risposte di rimedio normativo o di espulsione. Il conflitto in realtà rappresenta un complesso e vitale sistema che implica la riaffermazione di un legame sociale e dei suoi meccanismi comunicativi, produttore di cambiamento e di creatività derivanti dalla diversità e dal confronto. Si tratta di sostare dentro il conflitto per individuare nuove capacità relazionali in un'area dialogica con la diversità e l'alterità. La Mediazione scolastica mira proprio alla creazione di uno spazio per la gestione dei conflitti nell'intento di ridefinire i rapporti tra gli attori della comunità educativa, partendo dalla comprensione reciproca di bisogni e interessi. Essa quindi prende in considerazione e compone i conflitti che si sviluppano all'interno e all'esterno delle aule tra allievi e allievi, docenti e allievi, docenti e docenti, come pure tra allievi, docenti e genitori. Infatti le "situazioni difficili" di fronte alle quali si può trovare un insegnante, anche se solitamente riguardano il rendimento o ancor più il comportamento di un singolo alunno, possono anche essere relative alla gestione di un'intera classe, oppure ancora essere connesse alla relazione con alcuni genitori, o anche nascere dal rapporto con uno o più colleghi o con il gruppo dirigenziale del proprio istituto. Queste tensioni possono pregiudicare, anche pesantemente, il benessere psicologico dell'insegnante e la sua efficienza professionale, così come danneggiano le relazioni tra e con gli altri componenti della comunità scolastica. Si inserisce quindi in un più ampio progetto formativo di socializzazione e di valorizzazione reciproca in cui il conflitto diventa fattore di crescita. La scuola è infatti una delle più importanti agenzie di socializzazione, luogo di crescita e di formazione per la personalità dei singoli individui. Nello stesso tempo, però, essa è luogo di comportamenti conflittuali caratterizzati da prevaricazione, esclusione e violenza psicologica non solo tra coetanei, ma anche tra studenti e docenti. Queste dinamiche conflittuali, se non sono affrontate tempestivamente e in modo adeguato, tendono ad allargarsi e a rendere difficile la convivenza delle parti, anzi spesso sono caratterizzate dalla impossibilità di gestire tutte le complesse relazioni interpersonali che intercorrono tra i soggetti. Il Mediatore scolastico si può considerare quindi come un "facilitatore di comunicazione", cioè un esperto che aiuta le due polarità a superare le difficoltà derivanti dalla necessità di mettere insieme contraddizioni e contrapposizioni a prima vista incompatibili. La Mediazione scolastica ha l'obiettivo di far conoscere ai ragazzi un modo diverso di affrontare il conflitto, una modalità alternativa alla fuga o all'aggressività. Essa mostra ai ragazzi ed agli adulti quanto sia importante imparare ad accettare l'altro, ad ascoltarlo ed essere ascoltati, all'interno di uno spazio in cui l'aiuto alla reciprocità comporta anche il miglioramento del basso livello di autostima e la mancanza di rispetto nei confronti di se stessi, sentimenti che spesso sono la causa di comportamenti disturbanti e ingestibili. Sotto questo aspetto si può definire soprattutto una forma di "educazione" a prendere in considerazione e ad esprimere emozioni e sentimenti, all'ascolto, allo sviluppo delle responsabilità individuali, all'autonomia, all'iniziativa personale e collettiva, al rispetto delle cose e delle persone, in modo che ogni individuo maturi la propria dignità personale sulla base di valori condivisi dal gruppo, ma orientati verso la cooperazione, l'affermazione di Sé e la capacità di affrontare e risolvere i conflitti in modo positivo. Sulla base di tali presupposti teorici è stato messo in atto un “Progetto di Mediazione Scolastica" in una scuola Media Inferiore e in una scuola Media Superiore per dimostrare l'importanza e l'efficacia di un intervento in tal senso. Si trattava quindi di: Individuare situazioni di conflitto all'interno delle classi; Elaborare tali situazioni con l'aiuto dei docenti disponibili alla realizzazione del progetto stesso guidati e monitorati da un Mediatore Scolastico; Dimostrare attraverso una sperimentazione sulle classi quanto fosse fondamentale capire il conflitto e adottare le strategie più efficaci per affrontarlo e risolverlo. Gli obiettivi del progetto stesso erano molteplici e gerarchizzati, nella misura in cui l'intervento mirava a ¨ Comprendere il conflitto come componente imprescindibile di una relazione, nel caso specifico di una relazione vissuta in fase adolescenziale all'interno di una istituzione scolastica. Comprendere il conflitto come componente costruttiva di una relazione, nella misura in cui esso può diventare uno strumento di "ristrutturazione positiva" del contesto. Ne deriva che non vedere un conflitto può diventare non solo illusorio, ma anche pericoloso, se si considera la possibilità di trasformarlo in uno strumento di crescita; ¨ Incentivare la consapevolezza sulla qualità delle relazioni interpersonali dentro la scuola e del suo clima scolastico complessivo; ¨ Comprendere le difficoltà che spesso gli operatori della scuola incontrano nel gestire le relazioni conflittuali in una classe, partendo dalle caratteristiche stesse dei criteri che hanno condotto alla loro formazione. L'indagine sperimentale è stata svolta su un campione di 280 studenti della scuola Media e Superiore attraverso tre fasi: somministrazione iniziale di un questionario, intervento di mediazione e somministrazione finale dello stesso questionario.
Il questionario somministrato relativo al benessere in classe prendeva in esame diverse variabili come l'autostima, l'autoefficacia, l'empatia, le abilità di studio, le abilità sociali individuali e di gruppo e il clima di classe. I dati emersi sono stati in seguito raggruppati in quattro livelli di giudizio: negativo, intermedio, positivo e molto positivo.
L'intervento di Mediazione è stato svolto all'interno delle classi-pilota con il contributo di docenti-mediatori formati e monitorati dal Mediatore Scolastico Coordinatore della fase sperimentale stessa.
Le tecniche adottate sono state presentazioni teoriche sulle finalità, obiettivi, valore, strumenti e metodologie della mediazione scolastica (fase di informazione – formazione);
b) simulazione di conflitti analizzati e risolti con le tecniche del role-playing, del problem-solving e del brain storming all'interno delle classi coinvolte;
c) riconoscimento dei conflitti realmente esistenti nel proprio gruppo-classe, affrontati con le medesime tecniche, con l'obiettivo di elaborarli e trovare ad essi risposte alternative all'aggressività.
Esercitarsi a generare idee per uscire da una relazione conflittuale, imparare ad applicare le possibili soluzioni ad un problema, tenere in considerazione emozioni e sentimenti propri e altrui, sviluppare abilità sociali fondate sulla solidarietà e la cooperazione sono quindi obiettivi fondamentali che, una volta conseguiti, costituiscono una ricchezza per la persona che li acquisisce come strumenti propri di rapportarsi agli altri. Alla fine della fase mediativa è stato somministrato lo stesso questionario per permettere un confronto tra i dati emersi. Il campione scelto in modo randomizzato era costituito da 3 classi seconde e da 3 classi terze di una Scuola Media Inferiore e da 3 classi prime e 3 classi seconde di una Scuola Media Superiore per un numero complessivo di 140 studenti per ordine di scuola. L'età degli studenti era compresa fra 13 e 17 anni.
Le modalità di somministrazione sono state il più possibilmente simili, per non influenzare i risultati con variabili legate al contesto. Tutti gli studenti appartenenti a classi parallele della scuola Media Inferiore e Superiore sono stati riuniti in Aula Magna in orario scolastico nella stessa mattinata per evitare la fuga dei contenuti delle domande, alla presenza dei docenti in servizio e del Coordinatore dell'intervento... Queste modalità sono state mantenute in entrambe le somministrazioni. Il Docente Coordinatore del Progetto in entrambe le sedute ha esposto gli obiettivi e le modalità di somministrazione del Questionario, raccogliendo alla fine i questionari compilati. Confrontando i dati ottenuti nella somministrazione iniziale e in quella finale, messe in
atto rispettivamente prima e dopo l'intervento di mediazione nelle classi, si nota subito una modificazione importante nei punteggi più bassi, che sono i più significativi in relazione al problema della conflittualità. Infatti questi ultimi denotano la presenza di uno scarso livello di autostima, di una scarsa considerazione di se stessi, di una carente fiducia nelle proprie capacità relazionali e sono indice di una difficoltà a misurarsi con il gruppo. Questi fattori alimentano nella classe dinamiche di gruppo pericolose, soprattutto quando sono presenti studenti che, per un personale vissuto emozionale, trovano in questo clima incerto il terreno più fertile e più adatto a trovare per se stessi una conferma attraverso episodi di violenza e sopraffazione, cioè di bullismo. Prendendo in considerazione i punteggi iniziali e finali relativi alle singole variabili emerge una modificazione positiva nella capacità di cogliere e valorizzare i sentimenti altrui ( empatia) e nelle abilità sociali individuali e di gruppo, sia nella Scuola Media Inferiore che Superiore. Delle tre variabili sopra citate quella che ha segnato la modificazione più significativa, sia nella Scuola Media Inferiore che Superiore, è stata la variabile relativa alle abilità sociali individuali, che esprimono la capacità di sentirsi inserito in un gruppo attraverso sentimenti di amicizia, simpatia, rispetto e accordo con i compagni. Oltre la metà dei ragazzi che inizialmente non si sentivano bene inseriti nel gruppo o non in grado di rapportarsi con i compagni, dopo l'intervento di mediazione hanno migliorato la percezione di sé in quanto membri di un gruppo e quindi hanno maturato la capacità di rispondere ai bisogni del gruppo in maniera non conflittuale. L'essere in grado di rapportarsi con il gruppo ha migliorato anche il clima interno delle classi, come dimostra la variabile "clima positivo", che esprime lo stare bene a scuola, il sentirsi accettato dai compagni e la capacità di creare e vivere dinamiche di gruppo costruttive per la propria crescita. Si può quindi stabilire una relazione direttamente proporzionale fra tutte le variabili prese in considerazione, nella misura in cui una migliore percezione di sé come componente del gruppo classe modifica positivamente anche il proprio livello di autostima, la propria autoefficacia e le proprie abilità di studio. Relativamente a queste due ultime variabili è da sottolineare come il miglioramento dell'immagine di sé porti conseguenze positive anche sulle abilità più strettamente legate alla didattica, Questo conferma la teoria psicologica che sostiene quanto l'autostima e l'immagine di sé siano fattori determinanti sulla motivazione allo studio e sull'autoefficacia intesa come capacità organizzativa e vadano quindi a influenzare positivamente o negativamente, a seconda del loro livello, non solo le dinamiche relazionali del gruppo, ma anche i risultati scolastici intesi in termini di conoscenza e profitto.
Un dato curioso, su cui vale la pena riflettere, è il fatto che le modificazioni più significative siano avvenute tutte nei punteggi più bassi, mentre un analogo processo non si è verificato nei punteggi più alti. Infatti, prendendo in considerazione tutte le variabili, dato lo stretto legame esistente fra esse, nelle due classi della Scuola Media Inferiore i ragazzi più in difficoltà, che avevano quindi conseguito i punteggi più bassi, sono passati da 19 a 11. Ugualmente nelle due classi della Scuola Media Superiore i ragazzi a disagio sono passati da 16 a 4 soggetti, mentre non si è verificato un processo analogo negli studenti che avevano ottenuto fin dall'inizio un punteggio medio-alto. Questo risultato può essere attribuito ad una certa "prudenza" da parte dei soggetti a sbilanciarsi troppo nelle risposte, probabilmente per la novità dell'esperimento stesso, oppure si potrebbe ipotizzare la tendenza a mantenere una posizione intermedia ritenuta psicologicamente meno rischiosa e più aderente al gruppo nel suo insieme. Non va infatti dimenticato il "livellamento" che spesso succede nell'istituzione scolastica, quando il bisogno di essere alla pari dei compagni spinge spesso i ragazzi più dotati ad abbassare il proprio livello per non essere emarginati dal gruppo. Questo fatto non va tuttavia interpretato come un ostacolo al proseguimento di sperimentazioni analoghe alla presente, anzi l'obiettivo di migliorare ulteriormente le abilità qui presentate potrebbe costituire proprio il punto di forza della Mediazione scolastica, intesa non solo come strumento di gestione dei conflitti, ma anche come strumento di sviluppo di abilità relazionali e individuali. Come considerazione conclusiva si può aggiungere che nella somministrazione finale le modificazioni comportamentali più significative sono avvenute negli studenti della scuola Media Superiore. Questo risultato si può spiegare attraverso l'ipotesi che gli studenti della Scuola Media Superiore presentino un grado di maturità più alto rispetto ai ragazzi della scuola Media Inferiore e quindi siano stati in grado di migliorare nei risultati in maniera più significativa, soprattutto in relazione agli items riferiti alle abilità individuali e di gruppo. I ragazzi coinvolti nella ricerca hanno dimostrato di aver migliorato la loro capacità di condividere opinioni ed idee, di ascoltare le opinioni altrui, di orientare il gruppo verso il conseguimento degli obiettivi, di incoraggiare la partecipazione anche dei compagni più deboli, che nel gruppo hanno trovato maggiore accettazione e sostegno.
Nello "spazio dialogico" creato dagli insegnanti-mediatori è stato sicuramente conseguito l'obiettivo fondamentale di far percepire il conflitto in una dimensione "polisemica", cioè portatrice di molti significati e di molteplici effetti. Per questo è importante che nella istituzione scolastica sia introdotto uno strumento in grado di sviluppare la capacità di problem-solving; aumentare l'autostima; permettere il riconoscimento e la gestione delle emozioni, soprattutto di quelle connesse alla rabbia, che nell'adolescenza spesso determina reazioni non proporzionate alla gravità dei fatti e dalle conseguenze imprevedibili; sviluppare una attitudine cooperativa e il senso di responsabilità; sviluppare e/o migliorare le capacità assertive, cioè le capacità di esprimere le proprie idee e i propri vissuti emozionali senza paura, rispettando le opinioni e i sentimenti altrui. Relativamente all'entità del campione prescelto è da sottolineare che il numero dei soggetti utilizzato è abbastanza significativo, quindi i dati emersi si possono estendere non solo all'area geografica sulla quale è stata condotta la sperimentazione, cioè l'area abruzzese, ma si possono considerare abbastanza validi per l'intera popolazione scolastica della medesima fascia di età, partendo dal presupposto che le caratteristiche personologiche e comportamentali degli adolescenti siano comuni e indipendenti dal luogo di residenza.
Concludendo, i dati ottenuti nelle due somministrazioni del Questionario hanno confermato l'importante utilità di un Progetto di Mediazione nell'istituzione scolastica, nella misura in cui quest'ultima non ha come unico obiettivo quello della diffusione della cultura, ma presenta responsabilità educative sociali più impegnative, nella misura in cui sono "cristallizzate" al suo interno le stesse tensioni che emergono dalla società:
Per questo diventa fondamentale promuovere negli studenti comportamenti responsabili di cittadinanza attiva in grado di diffondere la cultura dell'incontro, del rispetto, della accettazione e della solidarietà. Mai come oggi infatti questi valori sono indispensabili nell'istituzione scolastica,nella misura in cui le figure che in essa si muovono sono fondamentali punti di riferimento per la formazione di un adolescente. Sotto questo punto di vista è facile per i "non addetti ai lavori" confrontare la scuola di oggi con l'istituzione scolastica di contesti storici e sociali differenti, rimuovendo i problemi con espressioni comuni quali "ai miei tempi questi fatti non succedevano", oppure " la scuola non è più quella di una volta", riferendosi al fatto che i ragazzi manifestino un disagio sempre maggiore proprio in un contesto ritenuto per antonomasia la sede dell'ordine e della disciplina, oltre naturalmente che della cultura.